Forum 12: Giù le mani dal liceo classico

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C. Tugnoli in difesa del Liceo Classico.[...]
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Claudio Tugnoli

 

Giù le mani dal liceo classico: sulla sperimentazione avviata dal Ministero della Pubblica Istruzione in vista della riduzione della scuola superiore a quattro anni, in risposta alla pretesa esigenza di allineare la scuola italiana agli standard europei.

Saremo drastici: si tratta dell’ennesima vergognosa scure che si abbatte sulla scuola italiana da parte di una classe politica che è guidata dal solo criterio di ridurre la spesa pubblica a spese della scuola. In questo caso specifico, si auspica di fatto che la riduzione di un certo numero di cattedre “dia una segnale all’Europa della buona volontà dell’Italia di tenere i conti in ordine”. Qui il pretesto è che altrove, nei paesi cosiddetti avanzati, si va in quella direzione. (Pretesto che ci fa sempre subalterni e neppure ci disonora, in un’epoca che all’onore antepone qualsiasi cosa che non richieda impegno e sacrificio). Se proprio si vuol far guadagnare un anno, perché non cominciare il ciclo invece che a sei, a cinque anni di età? Insomma la nostra classe politica vive alla giornata, è ostaggio di un’oligarchia irresponsabile che sta dietro le quinte e di una stampa che oscilla tra lo sciacallaggio e la disinformazione. Una vergogna. I docenti della scuola media superiore dovrebbero sentirsi umiliati da questo progetto, persino più preoccupante del rumore dei calcinacci che piovono dagli edifici scolastici pericolanti qua e là lungo la penisola! Mai la politica ha fatto la guerra alla scuola e alla cultura come oggi. Non con i metodi “spicci” e “selettivi” di nazista memoria, ma lasciandola andare alla deriva come un pallone gonfiato che il vento si porta via chissà dove, e di cui importa sempre meno ai boiardi di stato. Importerà ai docenti, sempre ignorati, tranne che come serbatoio elettorale?

 

Si consideri quale sarebbe l’effetto di questa “riforma” sulla scuola superiore: un anno la maggior parte degli studenti lo passa all’estero, quindi ne rimarrebbero tre. Riceverebbero una formazione solida? Quale modo migliore per smantellare il liceo classico, in particolare proprio adesso che altrove, come in Cina, si progetta di importarlo? Ma tutto ciò che accade va sempre riportato a un determinato contesto. Se ci fosse una congiura internazionale per togliere all’Italia anche quel poco di autonomia che le è rimasto sul piano culturale e schiacciarla in posizione di impotente e passiva subalternità a Berlino, Bruxelles e Washington, si spiegherebbero perfettamente molte altre “decisioni” prese dai nostri governanti, oltre che sul taglio di un anno del liceo, sulla tassazione alle imprese o sulla politica agricola o sul mantenimento di assurdi, arcaici e vergognosi emolumenti destinati ai manager di stato. Stiamo perdendo ogni residuo di sovranità, a tutti i livelli, e quindi di dignità, buon senso, identità, coscienza collettiva. Sotto apparenze pompose e ipocrite, la celebrazione del 150° l’unità d’Italia si svela una farsa inutile, vanificata dalla effettiva annessione e sottomissione alle direttive e alla politica dell’Europa. Prima della tanto sospirata unità, i singoli staterelli della penisola erano indipendenti e sovrani, almeno decidevano le alleanze e stabilivano quando uscirne. Oggi abbiamo una bella unità che serve solo a nascondere − complice una classe dirigente vile, egoista, ipocrita e disfattista – la reale schiavitù politica, finanziaria, imprenditoriale e culturale del nostro paese.

 

La difesa del liceo classico dall’ennesimo tentativo di scioglierlo nell’acido dell’omologazione tecnologica è un dovere nei confronti del nostro paese, essenzialmente privo di una classe politica veramente capace di affrontare le sfide del futuro e di difendere la libertà e gli interessi dell’Italia nel mondo. Mentre ancora infuria la disfatta, mentre la vecchia classe politica, passata dal rosso color della rabbia ideologica al rosso colore della vergogna, sepolta dal debito infausto che ha lasciato prosperare per ignavia o per infamia, balbetta le esequie con voce sempre più flebile, una nuova classe politica degna di questo nome ancora non si vede all’orizzonte. Possiamo augurarci che qualche responsabile avverta sulla propria pelle, senta fisicamente l’urgenza di preservare il liceo classico, luogo primario di formazione della classe dirigente del paese e quindi della coscienza civile dell’intera nazione? Ripeto: non abbiamo una classe dirigente degna di questo nome: nella maggior parte dei casi, la burocrazia di stato a tutti i livelli, al centro e in periferia, si compone di arrivisti elitari, affaristi e trasformisti, per di più di consumata abilità nell’inventare nuove modalità di corruzione e concussione, preoccupati solo del proprio destino personale e dei propri figli, che immaginano di poter istruire egregiamente presso istituti privati in giro per il mondo. I politici di oggi, non più schivi, riservati e, almeno pubblicamente, rispettabili come un tempo, ma fieri del proprio cinismo e impudicamente disinvolti nel malaffare, appaiono inclini a denigrare il paese che li ha arricchiti e a diseducare una società civile che hanno blandito e tenuto all’oscuro, viziato e snobbato lungo i decenni. Le riforme di cui l’apparato politico istituzionale ha bisogno sono tanto urgenti e improcrastinabili, quanto temute e osteggiate dalla vecchia nomenklatura. E chi è paralizzato dal terrore di una fine comunque imminente, può commettere gesti insensati o prendere misure suicide. La bibliografia sull’argomento è ormai sterminata, perciò non la diagnosi fa difetto, ma l’azione di risanamento.

 

Battersi per il liceo classico significa battersi per la rinascita morale culturale dell’Italia, dare avvio a una fase di ricostruzione che non può più ricominciare dalla produzione vertiginosa di frigoriferi e lavatrici, come dopo il 1945, ma dovrà far riemergere le sue migliori istituzioni, restaurarle al meglio e riproporle come luogo di formazione dell’identità collettiva e della competenza professionale, del senso civico e dell’etica del sacrificio: valori di riferimento essenziali anche per produrre ricchezza materiale. Bisognerebbe che, almeno, la nostra classe politica, nella sua parte migliore, riuscisse a concepire il liceo classico come bene culturale nazionale irrinunciabile, come il Colosseo o gli Uffizi, il Parmigiano-reggiano o la Ferrari; un bene che, se conservato, potrà essere esportato e quindi generare indirettamente anche benefici economici per l’Italia. Bisognerebbe che la nostra classe politica capisse fino in fondo che l’Italia può vendere la sua cultura, molto apprezzata nel mondo, nelle varie articolazioni in cui si propone e che quindi si deve operare per conservare i beni fondamentali e, come nel caso del liceo classico, “non rinnovabili”. Bisognerebbe, se ci fosse almeno la capacità di salvaguardare gli interessi elementari di questo paese!

 

                                                                  Claudio Tugnoli

 

Trento, 1 febbraio 2014

Il Professor Renzo Tosi è il nuovo Presidente Nazionale AICC

 

Nel corso della riunione del 29 gennaio 2024 il Direttivo Nazionale all' unanimità ha scelto Renzo Tosi quale Presidente Nazionale dell' Associazione Italiana di Cultura Classica.
Al nuovo Presidente vanno le congratulazioni di tutto il Direttivo e un caloroso augurio di buon lavoro.

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